CINETECA DI BOLOGNA
Ancora felice per la notizia del successo nell’esame di laurea del mio amico Oliver, e mentre aspettiamo il prossimo giovedí 20 la presentazione del libro di Silvio Cuneo qui a Bologna, scrivo queste righe per raccontare un po’ della Cineteca di Bologna, situata in via Azzo Gardino 65, vicino a Porta Lame, www.cinetecadibologna.it , sostenuta dal Comune di Bologna, Area di Cultura.
Sono andato alle due sale del Cinema Lumiére, la sala Mastroianni, quella che esibisce film piú antichi, restaurati o che hanno uno scopo di ciclo o retrospettiva, e la sala Scorsese, quella di film di prima visione, spesso in versione originale con sottotitoli in italiano. Altre aree d’interesse sono la Biblioteca Renzo Renzi e il Centro Studio e Archivio Pier Paolo Pasolini.
Ho fatto la mia tessera d’amico della Cineteca alla fine di novembre (25 euro, e ci sono anche sostenitori fino a 500 euro), e da quel momento ho visto Post Mortem (2010, film cileno di Pablo Larraín, ben presentato da un professionista che ha parlato dell’epoca dell’11 settembre 1973); Il responsabile delle risorse umane (Eran Riklis, film israeliano-romeno, 2010); I Compagni (1963, Mario Monicelli); Un Borghese piccolo piccolo (1977, Mario Monicelli); L’agente speciale Mackintosh (1973, John Houston, retrospettiva del grande regista “Riflessi in un occhio d’oro”) e oggi We want sex (2010, Nigel Cole, sullo sciopero alla fabbrica Ford di Dagenham nel 1968, delle donne operaie per richiedere la paritá salariale).
Per non annoiare, credo che sia giusto parlare soltanto del ciclo “Compagni e borghesi, ignoti e marchesi, alla cara memoria di Mario Monicelli”. In quest’occasione ho visto per la prima volta un film meraviglioso e sconvolgente come I Compagni, storia di uno sciopero in una ditta di Torino alla fine del XIX secolo, con operai che vogliono lavorare 13 e non 14 ore al giorno, personaggi che solo Monicelli poteva creare come l’operaio Pautasso e il piccolo Omero che con la sua vicenda costituisce la schiena del film e interviene in scene che fanno tremare, quando ammonisce il piccolo fratello perché studi e non segua il suo percorso di lavoro minorile e che mette brividi quando finisce lo scontro fra operai e militari e vediamo il fratellino al chiudersi il film ripetendo la stessa storia di generazioni. Anche due titani come Renato Salvatore e Marcello Mastroianni costruiscono maschi che danno senso e permettono di chiudere la storia del film (ancora di grande attualitá se guardiamo la vicenda Fiat e il referendum per il terzo turno a Mirafiori, che ci mostrano come sono stati richiesti duecento anni di lotta operaia per conquistare un certo livello di diritti, che ora si devono consegnare in nome della flessibilitá). Dice il mensile della Cineteca: “Monicelli si definiva socialista, e il film di cui aveva piú sofferto il (relativo) insuccesso fu I compagni, forse il film piú suo, il film che raccontava le lotte operaie dell’Ottocento, un film corale ma che aveva al centro un bellissimo personaggio di un coraggioso agitatore intellettuale, perché solo dall’incontro tra gli intelletuali e gli oppressi, tra chi sa e chi soffre, é nato in passato e puó ancora nascere un progetto efficace di rivolta” (Goffredo Fofi).
Un borghese piccolo piccolo, visto giá al Cine Arte di Viña del Mar piú di dieci anni fa, é quasi un monologo di Alberto Sordi, che esibisce quasi tutte le malattie dell’Italia degli anni ’70, e che come personaggio borghese si stupisce con i mostri che sta creando e non si rende conto che sono proprio i borghesi come lui quelli che stanno dietro alla rarefazione del clima sociale di quel momento. L’ateo Monicelli non ha pietá con nessuno, e in questo film ridicolizza la burocrazia e i massoni, come in altre occasioni ha fatto con la chiesa, fino a scene che vanno all’estremo come quella dell’impiegato “che ogni tanto si gratta la testa”. Dice il mensile della Cineteca: “Dal romanzo d’esordio di Cerami, film gelido e tombale sull’Italia degli anni Settanta. La commedia implode in un mondo senza luce, la Roma degli uffici é laida e inospitale, l’impiegato Sordi nutre ambizioni cosí mediocri che stringono il cuore, finché non precipitano nella mostruositá della vendetta. Pezzo unico, ambizioso e molto elogiato, il film trattiene un’ambiguitá non risolta”.
Piú che altro, questo testo vuol sollevare una cosa veramente positiva che accade in Italia (fra tanti problemi che si sentono qua) e che serva come punto di partenza perché un giorno a Valparaiso autoritá della cittá e cittadini porteñi abbiano il buon senso di creare e mantenere un centro per la cultura cinematografica come questo che esiste alla cittá delle Torri, e anche degli schermi.
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Por Eduardo Marzi.
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Por Eduardo Marzi.
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