viernes, 4 de marzo de 2011

RENATO DALL' ARA, PER EDUARDO MARZI.


Dopo una giornata con solo 16’ minuti di qualcosa simile al calcio, approfittiamo di raccontare un po’ di storia di due grandissime squadre del Bel Paese.
Prima una breve storia dello stadio rossoblú, riassunta dalla pagina del club (http://www.bolognafc.it/stadio.asp):
1909, Prati di Caprara; poi Cesoia, fuori porta San Vitale, 1913 inaugurato lo Sterlino, e si arriva così ad una data molto significativa: è il 1927 quando Bologna si dota di uno stadio magnifico, il “Littoriale”.
Il nome non lascia dubbi sull’impronta politica della costruzione di questo impianto, promossa infatti da Leandro Arpinati, gerarca fascista podestà di Bologna e presidente della Figc. Uno dei sogni realizzati da Arpinati fu proprio l’edificazione di un grande stadio a Bologna: iniziato nel 1925 e inaugurato il 29 maggio 1927, il “Littoriale” fu il primo stadio italiano sorto per iniziativa pubblica. Inoltre, costruito alla periferia della città, presentava uno stile architettonico lontano dall’eccessiva monumentalità dell’architettura fascista, seppure ispirato alla Roma imperiale. Tornando a Bologna, in occasione della posa della prima pietra del “Littoriale” giunse in città il Re Vittorio Emanuele III, mentre Mussolini si presentò il 31 ottobre 1926 su un cavallo bianco, lo stesso su cui venne immortalato nella statua a lui dedicata che campeggiò dal 1927 al 1943 nell’abside che sovrasta i distinti. I muri erano realizzati con il tipico mattone rosso bolognese e le finestre ad arco contribuivano a renderlo un apprezzabile edificio; un’ulteriore particolarità fu conferita, oltre che dal collegamento al portico più lungo del mondo (il portico di San Luca), dalla costruzione della torre di Maratona nel settore opposto alla tribuna. La capienza del “Littoriale” era da capogiro: 50.100 posti, quasi a voler spaventare le compagini avversarie che si trovassero a giocare contro il Bologna e i bolognesi. E in occasione della prima partita ufficiale disputata qui i posti si riempirono tutti: era il 29 maggio 1927 e ad assistere alla vittoria dell’Italia sulla Spagna per 2-0 (con un gol del capitano rossoblù Della Valle) furono addirittura 55.000 spettatori, record assoluto per gli anni ‘20. Fulvio Bernardini giocava allora nella squadra azzurra e ricorda come, alla vigilia della partita, Bologna fosse in pieno fermento e sembrasse la sede di una grande fiera nazionale. Un successo che avrebbe contribuito alla scelta di questo stadio come uno degli impianti in cui ospitare il Mondiale del 1934, vinto dalla Nazionale azzurra.

Con la caduta del regime fascista, lo stadio bolognese cambiò nome: dal dopoguerra sarà il “Comunale”. Gradualmente la città si espande fino a comprendere la zona dello stadio, ben presto al centro di un’area residenziale affollata e trafficata. Innanzitutto, l’ultima e definitiva modifica del suo nome: nel 1983 fu deciso di intitolarlo alla memoria di Renato Dall’Ara, mitico presidente del Bologna per 30 anni, dal 1934 al 1964, quando scomparve alla vigilia del vittorioso spareggio contro l’Inter che valse la conquista del settimo ed ultimo scudetto della storia rossoblù. Più recentemente, lo stadio bolognese è stato invece profondamente rinnovato a livello architettonico: in occasione dei Mondiali di Italia ’90, infatti, è avvenuto un ampliamento della capienza (fino a 38.279 posti a sedere. Il rivestimento esterno ha contribuito ad accostare ulteriormente l’antico e il moderno, rendendo lo stadio “Dall’Ara” un’opera architettonica apprezzata da tutti gli addetti ai lavori e gli spettatori.

Il fiore all’occhiello dell’impianto bolognese è però il manto erboso. Il segreto del “Dall’Ara” sta nel vespaio collocato ad un metro di profondità e costituito da sassi di fiume disposti in modo da formare piccoli canali attraverso i quali l’acqua defluisce agevolmente; si tratta di una tecnica di drenaggio antica ma sempre all’avanguardia. Nel cuore della tribuna è nata inoltre la “Terrazza”, che il Dott. Gazzoni Frascara ha voluto intitolare a Fulvio Bernardini, lo storico allenatore della squadra che conquistò l’ultimo scudetto datato 1964, l’uomo che vive e vivrà sempre in tutti i cuori dei tifosi rossoblù.

Arrivati ai cento anni e davanti ad un nutrito gruppo di tifosi, il 10 maggio 2009 la curva che da sempre ospita i sostenitori rossoblù è stata intitolata a Giacomo Bulgarelli, scomparso tre mesi prima. Quel giorno, il Presidente Francesca Menarini ha scoperto la targa dedicata al giocatore che nella storia ha raccolto più presenze di tutti con la maglia rossoblù (486). Queste anche le parole riportate nella targa, collocata all'interno dell'ingresso dello stadio "Dall'Ara" su via Andrea Costa: "Curva Giacomo Bulgarelli, eterna bandiera rossoblù". Presenti alla cerimonia anche due giocatori del passato, entrambi compagni di squadra di Bulgarelli in quel Bologna che vinse lo scudetto nel 1963-64: Ezio Pascutti e Marino Perani.

Anche un po’ di storia della squadra romana:

L'AS Roma nasce nel 1927 per contrastare il "vento del nord". L'idea fu di Italo Foschi. L'allora dirigente della Fortitudo intuì che per portare lo scudetto nella capitale era necessario creare un grande club, magari unendo le forze di alcuni tra i diversi sodalizi nei quali si disperdeva il calcio romano. Così nel luglio del '27 venne costituita la nuova società, nata dalla fusione di Alba, Roman e Fortitudo (che a sua volta aveva assorbito la Pro Roma). I dirigenti decisero che i colori sarebbero stati il giallo e il rosso, gli stessi del Roman. Presidente fu nominato lo stesso Foschi.

Dopo un decennio di piazzamenti più o meno buoni, finalmente arrivò il primo trionfo importante: lo scudetto. Allenata dall'austro-ungherese Schaffer, la Roma si impose un po' a sorpresa grazie ad un gran finale. Squadra matura quella che si aggiudicò il campionato. Difesa affidabile ed esperta guidata dall'ottimo portiere Masetti. Quindi grande velocità e contropiede. Ma soprattutto i gol di Amedeo Amadei, la vera stella della formazione, in gol 18 volte. Nativo di Frascati, l'attaccante era cresciuto nel vivaio giallorosso e si era affermato nell'Atalanta. Tornato a Roma, fu sistemato da Schaffer al centro dell'attacco, ripagando la fiducia a suon di gol. Era la prima volta che una squadra del centro-sud si aggiudicava il titolo nazionale.

http://www.asroma.it/DocList.aspx?Categoria=42

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